Fraternità Francescana
Madre della Riconciliazione e della Pace

Chi fa opere di misericordia, le compia con gioia. (Rm 12,8)

Il Vangelo è una bella, buona notizia. Una notizia, quindi, cioè una cosa nuova, nuova sempre, anche dopo 2000 anni. E per di più buona, bella notizia: una notizia che proprio perché buona, bella, dà gioia. Se per qualcuno di noi il Vangelo “era” una buona notizia perché ormai datato, questo qualcuno ha motivo di credere che come cristiano potrebbe avere dei seri problemi perché “oggi” (l’oggi, l’attualità, è presupposto per ogni notizia) la “buona notizia” deve essere proprio lui. E per questo deve essere il “presente” del messaggio.
Quanto poi al Volontariato, ormai tutti sappiamo che il Volontario non è colui che dedica agli altri il proprio “tempo libero” ma che per gli altri “libera” il suo tempo, perché reputa che meritino la sua attenzione più gli “altri” che tante attività, alle quali pure tiene perché lo interessano.

È chiaro che a queste due idee bisognerà aggiungere il concetto di Misericordia, perché è proprio nell’ambito di “beati i misericordiosi” che si muove il volontariato cristiano, nell’avere Dio come causa esemplare: “Siate misericordiosi come misericordioso è il vostro Padre celeste” (Lc 6,36). Abbiamo dunque questi presupposti su cui lavorare:

- la novità e la gioia del messaggio 
- la disponibilità al servizio 
- la ricerca e la cura dell’altro che è in difficoltà: lui è parte della mia vita.

La novità e la gioia nel messaggio è che l’altro è Gesù stesso. Il racconto del giudizio finale è molto eloquente in proposito: “Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me”. (Mt 25,31-40)

Siamo un solo corpo con Gesù Cristo (1Cor 12: il corpo e le membra; Gv 15,1-11: la vite e i tralci)

Queste due realtà costituiscono la novità e la peculiarità dell’intervento dei cristiani nei confronti del disagio: 

- il fatto che con Gesù formiamo un unico corpo di cui Lui è la testa e noi le membra (il Cristo totale), ci fa diventare costruttori della salvezza per noi e per gli altri; 

- e il fatto poi che incontrando e soccorrendo chi è in situazioni di disagio incontriamo Gesù Cristo e Lui in persona aiutiamo. 

Non è più quindi questione di filantropia e di umanitarismo a muovere la coscienza.

1 - la novità e la gioia del messaggio

Far entrare nella nostra vita l’amore del prossimo come incontro con Gesù e come realizzazione della salvezza, ci sintonizza con la mentalità e la vita di chi ha dato sé stesso per tutti gli uomini (cfr. Mt 20,28) e di quel Padre “ricco di misericordia” di cui parlano le sacre Scritture (es. Efesini 2,4 e molti altri passi dell’A.T. e del N.T.) e la cui misericordia ci viene chiesto di imitare: “Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro” (Lc 6,36)

Una misericordia che non si ferma a considerazioni di commiserazione ma che condivide e paga di persona: “il giudizio sarà senza misericordia contro chi non avrà usato misericordia; la misericordia invece ha sempre la meglio nel giudizio.

Che giova, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? Forse che quella fede può salvarlo? Se un fratello o una sorella sono senza vestiti e sprovvisti del cibo quotidiano e uno di voi dice loro: ‘Andatevene in pace, riscaldatevi e saziatevi’, ma non date loro il necessario per il corpo, che giova? Così anche la fede: se non ha le opere, è morta in se stessa” (Gc 2,13-17).

Una proposta nuova, quindi, che s’innesta su un messaggio nuovo e sulla proposta di vivere una vita nuova, un nuovo modo di testimoniare il mio appartenere a Cristo.

Mi piace a questo punto richiamare la figura di san Domenico e di tanti nostri santi e confratelli che hanno dato vita a proposte di risposta a questa esigenza del Vangelo.

S. Domenico, appunto. I suoi contemporanei (in particolare il B. Giordano) hanno lasciato scritto di lui che era un uomo pieno di misericordia.

La Misericordia di san Domenico si concretizza in tanti gesti: Libri venduti, flagellazione per i peccatori, accoglienza per gli eretici, che andava personalmente, a cercare, a piedi, spesso con grandi difficoltà; dal suo viso – dicono i testimoni del processo di canonizzazione - traspariva la grazia della “compassione”. La compassione poi genera la Misericordia (vedi il racconto del buon Samaritano in Lc 10,25-37). E infine, ma soprattutto la fondazione dell’Ordine dei Frati Predicatori per la predicazione e la salvezza delle anime. La predicazione stessa, infatti è una grande opera di misericordia.

La misericordia come emanazione e tratto dominante nel ritratto del nostro Fondatore, si è realizzata in tanti modi in tutta la storia del nostro Ordine.      

Penso alle origini domenicane della Fraternita della Misericordia, diffusa in tutta Italia e che raccoglie migliaia di volontari. San Pietro martire, nato da genitori affiliati all’eresia patarina, si trovava a Bologna per studiare e lì fu convertito dall’eresia dalla predicazione di san Domenico ed entrò a far parte del nostro Ordine. Durante la predicazione a Firenze, la sua carità è diventata la “Fraternita della Misericordia”.
Santa Caterina che soccorre gli appestati di Siena e in particolare la lebbrosa e indisponente Andrea.
Il padre Lataste e la sua fondazione in favore delle donne in difficoltà.

I tantissimi orfanotrofi e scuole di ogni genere
Le lotte per i diritti umani dei frati Montesinos e Bartolomeo Las Casas
Le missioni irrorate abbondantemente dal sangue dei martiri
Senza contare tutte quelle presenze silenziose, nella linea della misericordia del Padre (Dio e Domenico), che i nostri Confratelli e Consorelle e Laici realizzano oggi, tutti i giorni, nella Chiesa di Dio.

2 - la disponibilità al servizio

Non è che devo e posso alleviare le sofferenze di un fratello solamente se sono cristiano, credo che basti essere uomo. Abbiamo vari esempi di uomini che hanno dato soldi e disponibilità della loro vita per gli altri, pur non essendo cristiani, solo perché si sentono solidali nell’umanità e con l’umanità. Si chiamano filantropi e compiono una cosa buona anche se ha motivazioni diverse da quelle dei cristiani.

Resta il fatto che per il cristiano chiunque è in difficoltà è Gesù stesso in difficoltà. Questo fatto motiva più profondamente il “volontario” perché attinge proprio alle sorgenti che fondano le sue scelte di vita.

A prescindere dalla ricompensa legata all’intervento caritativo, (“E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa”. (Mt.10, 42)), resta la gioia profonda dell’incontro con Cristo e dell’aver con lui camminato sulle strade della vita collaborando alla realizzazione del Regno.

Questo fatto crea una grandissima disponibilità al servizio per tutti i cristiani, in tutta la loro storia, fin dall’inizio (istituzione dei diaconi) e fino a ciascuno di noi.

La storia della Chiesa è ricca di fondazioni caritative di ogni specie: ospedali, rifugi per viandanti e pellegrini, associazioni caritative con tutti i tipi di specializzazione: droga, carcere, emarginazione, fame e povertà di ogni genere. È una presenza significativa e costante a tutti i livelli del disagio umano. 

Ma, pur mantenendo una presenza attenta a riscattare l’uomo dalle varie miserie, la Chiesa si è fatta presente con l’opera grande della misericordia che è la trasmissione del Messaggio. La parola di Paolo: “Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo!” (1Cor 16) si è fatta impellente dovere, esigente imperativo che ha spinto, da sempre, tutti i credenti in Cristo a farsi portatori della Parola che salva. Grande opera di misericordia, la predicazione!

Il Volontariato fa parte del DNA del Cristiano e della specificità delle sue scelte di vita. Un cristiano, cioè è “naturalmente” misericordioso. (Tertulliano o chi per lui diceva che l’uomo è naturalmente cristiano!!!)

3 - la ricerca e la cura dell’altro

Non siamo chiamati a intervenire sulle necessità del prossimo quando ce ne capita l’occasione, o quando qualcuno ce lo chiede, o quando e se ne ho la possibilità, o quando e se riesco ad avere il tempo necessario. Chi è in difficoltà c’interpella, interpella il nostro DNA! L’intervento per il cristiano non è un optional ma un dovere e una necessità: se non lo faccio commetto peccato e sarò condannato al fuoco eterno: 
“Poi dirà a quelli alla sua sinistra: Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli. Perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare; ho avuto sete e non mi avete dato da bere; ero forestiero e non mi avete ospitato, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. Anch'essi allora risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato o assetato o forestiero o nudo o malato o in carcere e non ti abbiamo assistito? Ma egli risponderà: In verità vi dico: ogni volta che non avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, non l'avete fatto a me. E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna” (Mt 25,41- 46).

Gesù non chiede il perché non sia stato fatto l’intervento; dal contesto sembrerebbe perché non è stato riconosciuto Lui nel disagiato. In questo caso le necessità dell’uomo in difficoltà non avrebbero spinto ad agire: non sono state una motivazione sufficiente! Questo indica una logica diversa nel coinvolgimento: forse bisognerà aprire bene gli occhi e non solo quelli fisici: Gesù ci aspetta! Ma è il fratello che ci aspetta e noi dobbiamo andare a cercarlo, non aspettare che ci chiami o che richiami su di sé la nostra attenzione: il fratello, Gesù, fa parte di noi, non possiamo prescindere da questo, pena l’allontanamento definitivo dal Regno.
Unica beatitudine che ha per paga sé stessa è la misericordia: “beati i misericordiosi perché otterranno misericordia” (Mt 5). E ci fa rassomigliare a Dio!!!

Misericordia e Riconciliazione (Papa Francesco, 30-4-2016)

«Lasciatevi riconciliare con Dio!» (2Cor 5,20): il grido che l’apostolo Paolo rivolse ai primi cristiani di Corinto, oggi con la stessa forza e convinzione vale per tutti noi. Lasciamoci riconciliare con Dio! Questo Giubileo della Misericordia è un tempo di riconciliazione per tutti. Tante persone vorrebbero riconciliarsi con Dio ma non sanno come fare, o non si sentono degni, o non vogliono ammetterlo nemmeno a sé stessi. La comunità cristiana può e deve favorire il ritorno sincero a Dio di quanti sentono la sua nostalgia. Soprattutto quanti compiono il «ministero della riconciliazione» (2Cor 5,18) sono chiamati ad essere strumenti docili allo Spirito Santo perché là dove ha abbondato il peccato possa sovrabbondare la misericordia di Dio (cfr Rm 5,20). Nessuno rimanga lontano da Dio a causa di ostacoli posti dagli uomini! E questo vale anche – e lo dico sottolineandolo – per i confessori - è valido per loro -: per favore, non mettere ostacoli alle persone che vogliono riconciliarsi con Dio. Il confessore deve essere un padre! E’ al posto di Dio Padre! Il confessore deve accogliere le persone che vengono da lui per riconciliarsi con Dio e aiutarli nel cammino di questa riconciliazione che stiamo facendo. E’ un ministero tanto bello: non è una sala di tortura né un interrogatorio, no, è il Padre che riceve e accoglie questa persona e perdona. Lasciamoci riconciliare con Dio! Tutti noi! Questo Anno Santo sia il tempo favorevole per riscoprire il bisogno della tenerezza e della vicinanza del Padre per ritornare a Lui con tutto il cuore.

Fare esperienza della riconciliazione con Dio permette di scoprire la necessità di altre forme di riconciliazione: nelle famiglie, nei rapporti interpersonali, nelle comunità ecclesiali, come pure nelle relazioni sociali e internazionali. Qualcuno mi diceva, nei giorni scorsi, che nel mondo ci sono più nemici che amici, e credo che avesse ragione. Ma no, facciamo ponti di riconciliazione anche fra noi, incominciando dalla stessa famiglia. Quanti fratelli hanno litigato e si sono allontanati soltanto per l’eredità. Questo non va! Quest’anno è l’anno della riconciliazione, con Dio e fra noi! La riconciliazione infatti è anche un servizio alla pace, al riconoscimento dei diritti fondamentali delle persone, alla solidarietà e all’accoglienza di tutti.

Accettiamo, dunque, l’invito a lasciarci riconciliare con Dio, per diventare nuove creature e poter irradiare la sua misericordia in mezzo ai fratelli, in mezzo alla gente.